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Albert Einstein era dislessico?

Dec 18, 2018
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”

È forse una delle citazioni più famose di Albert Einstein, sicuramente è quella alla quale sono maggiormente affezionata.
Questo perché prima di capire la mia dislessia e di imparare a “gestirla come un dono”, ho passato metà della mia vita con addosso l’assurda sensazione di essere un pesce fuor d’acqua.
Oggi ti vorrei raccontare proprio la storia di Albert Einstein, un grande scienziato che manifestava i segni della dislessia e che aveva una pagella… “poco appropriata”.

In questo articolo:

La biografia di Albert Einstein

Il piccolo Albert iniziò a parlare molto tardi (tanto che inizialmente la sua famiglia era seriamente preoccupata) e già dai primi anni di scuola i professori lo definivano addirittura “tardivo”. Inoltre il suo rendimento era mediocre (e lo fu durante tutto il percorso di studi).

Non è una leggenda metropolitana: egli stesso ha confessato al figlio (che lo ha poi dichiarato pubblicamente) di avere scarsissima memoria e di incontrare molte difficoltà nella scrittura dei testi e questo fatto lo ha accompagnato per tutta la vita, anche quando, da scienziato, teneva scritte sulla lavagna del suo laboratorio le tabelline (che non ha mai imparato a memoria).

Nel 1895 fallì l’esame di ingresso al Politecnico di Zurigo per insufficienza nelle materie letterarie e perché non aveva studiato e concluse gli studi superiori ad Arau nel 1896. Successivamente fu ammesso al Politecnico, dove completò la sua formazione accademica.

Iniziò ad insegnare a Zurigo nel 1900 e dal 1905 la sua carriera decollò letteralmente: in quell’anno infatti, formulò 5 teorie importanti, una delle quali fu quella della Relatività Speciale.
La vita di Einstein dopo quell’anno cambiò drasticamente, portandolo addirittura a ricevere, nel 1922, il Premio Nobel per la Fisica! Einstein, a causa delle persecuzioni razziali della Germania Nazista, fu costretto a emigrare negli Stati Uniti nel 1933, dove continuò ad insegnare fino al giorno della morte, avvenuta nel 1955.

Einstein e la scuola

Einstein, di fatto, manifestava i segni di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento ed in particolare di dislessia: le fonti riferiscono che egli trasponeva ed ometteva le lettere, i numeri e le formule nella scrittura, componeva frasi senza ordine e infatti durante gli studi ha sempre ottenuto voti mediocri nelle materie letterarie…

Ed è altrettanto nota la sua avversione per il sistema scolastico, tanto da vederlo come “noioso ed intimidatorio”.

I suoi professori si lamentavano spesso di lui come alunno, dicendo che “era tardivo, asociale e sempre immerso nelle sue assurde fantasie”. Insomma il genio più famoso del 1900 era quello che oggi verrebbe definito un vero e proprio “svogliato” tra i banchi!

Nonostante questo, alzi la mano chi crede che Albert Einstein non sia stato un vero e proprio genio indiscusso del XX secolo!!

In età adulta Albert spiegò questo suo atteggiamento criticando aspramente il sistema scolastico con le seguenti parole:
«A volte si considera la scuola semplicemente come lo strumento con cui trasferire la massima quantità di conoscenza alla nuova generazione. Ma questo non è giusto! La conoscenza è morta; la scuola, invece, serve ai vivi. Essa dovrebbe sviluppare nei giovani quelle qualità e capacità che risultano utili al benessere della comunità».

È proprio questo il punto: la qualità dei voti, il rendimento di una pagella o la “voglia” di andare a scuola non sono i parametri giusti per definire l’intelligenza, l’amore per lo studio e la sete di conoscenza delle persone - e questo vale in generale, sia per i dislessici che per i non dislessici!

Questa voglia può dipendere da tanti fattori! Ti faccio qualche esempio:

  • Saresti felice di andare in un posto dove non puoi fare le cose in modo diverso, altrimenti vieni penalizzato?
  • Avresti voglia di stare in un luogo dove una tua caratteristica (la dislessia) viene chiamata incapacità?
  • Quanto ti piacerebbe che ti definissero svogliato?

“In classe tutti rideranno di me, perché faccio fatica a leggere, mi interrompo, sono lento… sono un buono a nulla.” Spesso è questo è il pensiero del bambino o del ragazzo con dislessia.

Ma avere delle difficoltà non significa affatto essere dei buoni a nulla!

E non serve neppure avere più tempo o utilizzare delle scorciatoie. Quello che può aiutare, in questi casi, è guardarsi intorno e scoprire che non siamo gli unici ad avere queste difficoltà e che coloro che sono stati nella stessa situazione utilizzando una “prospettiva”, un metodo diverso le hanno brillantemente superate!

Molti credono che chi soffre di dislessia sia “incapace” rispetto agli altri - abbia qualcosa in meno, sia di natura meno interessato alla cultura o peggio ancora sia pigro e svogliato. La storia di Einstein dimostra che per essere curioso, per essere un avido lettore, non è necessario presentare la pagella scolastica! Fu proprio il suo modo tutto particolare di risolvere i problemi e l’essere un “sognatore” che l’ha aiutato a diventare il più grande scienziato del mondo, non certo i voti!

Quindi a volte basta affrontare le situazioni in modo diverso, per raggiungere gli obiettivi importanti.
La dislessia aiuta proprio a fare questo: è una lente di ingrandimento per vedere le cose in modo diverso e, se questa modalità viene esaltata, può portare l’alunno a scoprire cose che altri non vedono, ad amare la lettura e la conoscenza e ad ottenere risultati straordinari.

Se, al contrario, questa caratteristica viene umiliata, il bambino potrebbe arrivare anche ad odiare la scuola e a sottovalutarsi, considerandosi un “pesce fuor d’acqua” per tutta la vita.

Quindi coraggio! Sviluppa il tuo metodo, non c’è mai un modo giusto e uno sbagliato di fare le cose, non c’è mai una sola strada per arrivare al traguardo!

Io mi sono ripetuta queste parole migliaia di volte e alla fine, ho trovato questo metodo… Ho creato Dysway e non solo... ho realizzato i miei obiettivi nella scuola e nella vita. Oggi infatti aiuto altri dislessici a trasformare la “difficoltà” in un punto di forza per raggiungere i loro traguardi!

 


 

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